Il Circolo Isolotto dell’Arci nasce a
Firenze agli inizi degli anni Novanta, in un periodo di cambiamenti radicali per
la cultura politica da cui trae origine questa esperienza associativa. In quel
frangente la realtà sembra sovvertirsi per i militanti e i simpatizzanti del
più grande partito comunista dell’Europa occidentale, soprattutto in una
roccaforte come la città fiorentina, divenuta un simbolo di come un «certo modo
di essere della sinistra» potesse creare radicamento sociale e buongoverno. Il
crollo del Muro di Berlino sancisce la fine del «socialismo reale» e il
disfacimento del «blocco orientale». In Italia, con la svolta della Bolognina
(12 novembre 1989), gli eredi di Togliatti e Berlinguer avviano un travagliato
processo di revisione interna che ancora non si è concluso, dopo decenni
caratterizzati da disegni di rinnovamento assai evanescenti e da laceranti
divisioni, di cui l’ultima dolorosa scissione dei LEU dal PD sembra
rappresentare un punto di non ritorno, almeno a giudicare dalle conseguenze per
molti versi devastanti della sconfitta elettorale subita da entrambe le forze
politiche il 4 marzo 2018.
Non si
può prescindere da quel momento storico se si vuole ricostruire la genesi della
libera associazione fra i cittadini dell’Isolotto, un quartiere popolato dal
ceto medio e popolare, frutto del riassetto urbanistico della «metropoli
del giglio» voluto dal sindaco La Pira negli anni Cinquanta del Novecento. Mentre
oltreoceano il politologo Francois Fukuyama formula la controversa tesi sulla «fine
della storia»[1],
un manipolo di donne e uomini decidono di andare controcorrente; per costoro l’impegno
per la giustizia sociale non è affatto inattuale o illusorio, soltanto che non trova
più sbocco all’interno delle fumose stanze di una sezione del PCI, quanto
piuttosto in uno spazio collettivo scevro dal condizionamento del centralismo
democratico dispiegato dal partito di massa, senza per questo rinnegare gli
ideali e la passione politica. Il 17 marzo
del 1990, come si evince dall’Atto Costitutivo, 368 persone convocano
un’assemblea nel corso della quale decidono di dare vita ad un Circolo
culturale, ricreativo e sportivo, ubicato nella sede di via Maccari, al civico 104,
la stessa struttura che si varca oggi per assistere ai molteplici eventi organizzati
dai soci.
[1] Ossia l’esaurimento di ogni possibilità di progresso per l’umanità di fronte alla definitiva vittoria della democrazia liberale e delle forze di mercato. Cfr. Francis Fukuyama, The End of History?, in «The National Interest», Summer 1989.